3 aprile 2009

Nell’attesa di riprendere il viaggio ho percorso altri sentieri senza una meta chiara. Il viaggio nella mia creatività è diventato così l’errare del vagabondo che gode del cammino cercando di non pensare con troppa ansia al futuro.
Il timore di non essere all’altezza, quello del giudizio altrui e la ricerca del consenso sono stati “quasi” superati tanto da riuscire ad accettare anche le tappe meno “belle” e proporle semplicemente come parte del mio cammino interiore e artistico di questi anni. Perché proporre un’opera artistica solo in quanto esteticamente seducente da essere più facilmente apprezzata? E’ una domanda che ha un senso quando dietro la presunta “non-bellezza” ci sono significati e valori da scoprire. Un amico fotografo un giorno mi disse “Non voglio sempre che le mie foto siano troppo belle perché l’osservatore rischia di fermarsi alla loro bellezza senza comprenderne il significato profondo”.
L’artista che vuole abitare in me e che anela alla bellezza impara ad accettare i limiti come un patrimonio della propria umanità da offrire agli altri.
A volte la creatività si spegne per lungo tempo. A volte si riaccende. La vita di tutti i giorni non sempre favorisce l’espressione creativa e artistica che, per nostra fortuna, è un bisogno profondo dell’anima svincolato dalle abilità tecniche che invece si possono acquisire. Amo la creatività quando, dopo lunghi periodi di “siccità”, ritorna timidamente a farsi sentire e reclama il suo esistere a prescindere dalle mie capacità espressive, così prendo il pennello e inizio, senza avere la minima idea di cosa uscirà dalle mie mani.
Qualcuno la chiama “pittura psichica” ed io credo sia il desiderio creativo allo stato primordiale, un flusso d’inconsapevolezza, lo stesso che mi fa iniziare a scrivere poesie o canzoni senza sapere a priori quale sarà il risultato finale ed il suo significato.
Spesso ciò che scriviamo o dipingiamo resta nel cassetto. Una sorta di pudore ci impedisce di portare alla luce ciò che abbiamo fatto, come se fosse un atto di presunzione e orgoglio. Credo piuttosto che, se non lo facciamo, manchiamo di quella briciola di autostima in più che permette di proporci agli altri e di condividere ciò che noi amiamo fare. Gli altri potranno accogliere o respingere, incoraggiare o spegnere i nostri entusiasmi ma questo fa parte del gioco.
Anni fa lessi un libro che insegnava a scoprire e sviluppare il proprio io creativo, e dava qualche suggerimento su come ascoltare e far crescere l’artista che è in noi. In quel libro c’è una frase che ho sempre davanti a me quando dipingo:

Energia dell’universo, io mi occupo della quantità, tu occupati della qualità

Così mi metto all’opera e, qualunque possa essere il risultato e in qualsiasi modo sia giudicato da me o dagli altri, sappiate che mi diverto.
Ho sempre avuto difficoltà a separarmi dai miei quadri. Nell’atto di regalarli o venderli sento di dare una parte di me stesso che non ritornerà più. Con il tempo ho capito che l’energia deve circolare e anche un dipinto desidera avere una vita indipendente, come un qualsiasi figlio desideroso di iniziare a camminare da solo per il mondo. C’è un prezzo a tutto. Se non altro il loro andarsene dal nido mi permette di acquistare altri colori per continuare a mettere sulla tela bianca quello che mi esce da dentro e che reclama il suo posto in questo pianeta.

Nessun commento:

Posta un commento